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Coop Cartiera: la moda etica made in Bologna!


Coop Cartiera è un laboratorio di moda etica nato nel 2017 dall’incontro tra la cooperativa Lai-momo e la Ethical Fashion Initiative, programma dell’International Trade Center - ITC (Nazioni Unite) che mette in connessione piccole realtà artigiane del Sud del Mondo con grandi marchi di moda internazionale. Un incontro internazionale nato nell’ambiente delle sfilate etiche, durante Pitti Uomo del 2016.

Non capita spesso di vedere rifugiati politici impiegati come modelli di una sfilata, in quell’occasione - era il gennaio 2016 - a Lai-momo fu chiesto di farne partecipare 5, durante l’evento Generation Africa. La grande risonanza mediatica fece intravedere uno spazio di collaborazione tra due mondi diversi: quello dell’alta moda e quello del lavoro sociale. È all’inizio del 2017 che Lai-momo inaugura, in collaborazione con ITC, il primo corso di formazione nel campo dell’artigianato dedicato a rifugiati e richiedenti asilo. La connessione con Ethical Fashion Initiative garantiva agli artigiani formati da Lai-momo la possibilità di prendere parte alle filiere africane e asiatiche del progetto.

Cartiera nasce in risposta a una forte esigenza emersa: permettere alle persone decise a rimanere in Italia di lavorare – in modo regolare – in un vero laboratorio di pelletteria, seguendo i principi di sostenibilità promossi dalle Nazioni Unite e mettendo a frutto le competenze acquisite.


Innovazione sociale “very cool” La capacità innovativa di Cartiera non risiede soltanto nei capi ideati e realizzati, ma è custodita nell’intero percorso che conduce alla realizzazione del prodotto finale: utilizzando prevalentemente ritagli di pelle recuperati dall’industria dell’alta moda, la cooperativa contribuisce a un processo di economia circolare proponendo un modello produttivo più sostenibile. Nata come start-up di impresa sociale, a partire da settembre 2020 Cartiera rappresenta il settore B della cooperativa sociale Abantu. Nel corso dei 4 anni di attività, il progetto è stato in grado di offrire un contratto di lavoro a otto persone in condizione di svantaggio e di attivare 14 tirocini. Inoltre, Cartiera ha recuperato e dato nuova vita a oltre 14 tonnellate di pelle inutilizzate dall’industria della moda.


Una risposta alle esigenze del territorio: impoverimento e presenza di rifugiati politici

Cartiera ha sede a Lama di Reno, una frazione di Marzabotto in provincia di Bologna e già tra i comuni dell’Unione dei Comuni dell’Appennino Bolognese costituita da 10 amministrazioni locali in cui vivono all’incirca 48mila abitanti. Negli ultimi decenni, il territorio ha subito un impoverimento rilevante, connesso alla chiusura di alcune grandi aziende - tra cui la vecchia cartiera di Lama di Reno, dalla quale l’impresa prende il nome - e alla perdita di numerosi posti di lavoro. Nell’area metropolitana della città di Bologna, il rapporto percentuale tra gli inoccupati tra i 15 e i 64 anni di età e la popolazione residente totale è stabile al 27% (2017 – Comune di Bologna). L’area metropolitana accoglie 2.658 richiedenti/titolari di protezione internazionale (dato al 05/2018 – Comune di Bologna). Di questi, 184 persone sono accolte all’interno del territorio dell’Appennino, in cui i cittadini stranieri costituiscono il 10% della popolazione. Questa presenza richiede la progettazione di percorsi individuali di accoglienza efficaci e di ampio respiro, che consentano alle persone di acquisire strumenti per l’autonomia sociale ed economica. In tale contesto, il progetto Cartiera si propone di strutturare azioni concrete, che rispondano all’obiettivo di contribuire alla diminuzione di fragilità sociali come queste, che interessano l’intera area.


Unicità e sostenibilità nelle strategie aziendali Cartiera rappresenta un soggetto unico, coniugando in modo innovativo il recupero delle tradizioni artigianali italiane con l’integrazione lavorativa di persone in situazione di disagio economico, aderendo alla vision del programma Ethical Fashion Initiative (EFI) delle Nazioni Unite. I percorsi formativi e di inserimento lavorativo promossi contribuiscono a generare percorsi di indipendenza personale, impattando in maniera positiva sul welfare della comunità in cui vivono e aumentando la fiducia dei residenti nella gestione e promozione di queste strategie di sostenibilità.

Infatti, Cartiera non solo offre formazione, lavoro e una residenza dignitosa ai suoi collaboratori, organizza anche incontri sul territorio rivolti a imprese e cittadini, per la promozione delle proprie azioni e buone pratiche. Gli stakeholder locali possono decidere se supportare le attività del progetto, sostenendo i percorsi di formazione professionale e di inserimento lavorativo e generando così un impatto positivo sui territori coinvolti, sia a livello locale che in una prospettiva internazionale. Un’ottica di circolarità delle competenze, dei materiali, delle migrazioni e dell’economia. che Cartiera ha messo in pratica negli ultimi quattro anni.


Moda etica vs fast fashion?

Cartiera è un modello due volte vincente proprio per la sua circolarità: sostenibile a livello sociale, economico e ambientale.

Il laboratorio realizza articoli in pelle e tessuto utilizzando unicamente materiali recuperati da altre aziende e pelletterie di alta moda. Questa possibilità permette al laboratorio di dare nuova vita a un materiale di alto valore, che sarebbe altrimenti destinato allo smaltimento e di promuovere un processo alternativo a quello della fast fashion basata sulle produzioni di massa in larga scala, spesso sullo sfruttamento della manodopera straniera, su prezzi bassi e bassa qualità e che lascia traccia di sé a lungo nell’ambiente e nelle società dei Paesi di produzione a causa dell’impossibilità di smaltirne sia gli scarti produttivi che i prodotti stessi, perché non caratterizzati da materiali differenziabili.

Il lavoro di up-cycling dei materiali di produzione proposto da Cartiera non solo riduce l’impatto dell’industria pellettiera, mira a sensibilizzare la comunità e il proprio target di mercato sull’importanza del consumo responsabile.


A cura di NeXt Nuova Economia


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