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Il buon paese

Aggiornamento: 9 ago 2020

In questa estate italiana sto leggendo Enzo Biagi. Del tutto casualmente. Un libro iniziato a bordo piscina, il 4 agosto, nella delicata conciliazione di passioni e tempi. Perché acchiappando tre libri, da una sala lettura elegante di un albergo a Lipari, il primo titolo è "Il buon Paese". La fretta, dettata da una bambina, di 7 anni, e la sua voglia di nuotare. La mia si adegua al desiderio di sfogliare qualcosa, magari non guardare il cellulare per un po', senza eccessive pretese sui titoli. E invece? L'ultimo giorno sull'isola prima di spostarci a Vulcano è finita che ho domandato alla proprietaria dell'hotel se, magari, me lo prestavano ancora un po'. La trattativa si è chiusa subito, "È suo, assolutamente. Anzi la ringrazio di averlo chiesto, di solito le persone non lo fanno". Così, "Il buon Paese" passava a me, in cambio chiedevano di poter mettere a disposizione dei loro clienti una copia di un mio libro, "Il bene comune". Affascinati in particolare dal capitolo "Il bene comune spiegato da una bambina", raccontato a viva voce (da quella che mi trascinava sul terrazzo, con un passaggio obbligato dalla biblioteca, molto fascinoso).

Quindi le parole del Bene comune di questa settimana sono libro e giornalismo.

Il libro (non farà particolarmente piacere agli editori) è di 40 anni fa. È stato scritto da Biagi nel terribile 1980, quell'anno che chiudeva nel peggior modo possibile con atti di terrorismo il decennio precedente e si apriva al disimpegno.

I personaggi intervistati ricordano molto il mio. L'impostazione. I temi. Quell'Enzo Biagi che ho letto mi è piaciuto di più dell'ultimo Biagi targato Rai, che abbiamo difeso più per principio, o di quel Biagi che in un incontro a Marsala, ospite a il Complesso Monumentale di San Pietro, raccontava con ironia di quella volta che una dipendente delle Poste gli ha domandato la Carta di identità. E potete immaginare. Enzo Biagi non l'ha presa bene. Ricordo perfettamente come ce loha raccontato.

Il suo libro è sul mio comodino già da una notte quando apprendiamo la scomparsa di un grande giornalista del servizio pubblico nazionale, Sergio Zavoli. Con La notte della Repubblica, resterà insuperato. Il bene comune passa dal buon giornalismo. In particolare quello che pur consumandosi nella quotidianità, pensa di restare per iposteri.

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