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La musica che unisce

“Se tu sei un violoncellista siriano e sei seduto accanto a un violoncellista israeliano, che cosa fai? Ci suoni insieme. Provi lo stesso do, lo stesso archeggio, lo stesso fraseggio. Questo non ti farà accettare la narrazione dell’altro, ma ti darà una base comune, dalla quale partire per stabilire un contatto. L’orchestra ha qualcosa che non esiste nella realtà, cioè l’uguaglianza. Non ci sono posti di blocco nell’orchestra. Non ci sono controlli di passaporto. Quando un primo clarinetto suona un assolo in una sinfonia di Brahms, l’intera orchestra, a prescindere dalla nazionalità, spera che lui suoni bene. Lo stesso se è un israeliano a suonare”.

Daniel Barenboim, grande direttore di orchestra, ha sempre parlato di pace, anche poche ore fa, chiedendo di riconoscere l’uomo nel nemico, e di non abbandonare la speranza di pace. E attraverso la musica ha cercato di abbattere muri e costruire ponti.

Perché nel 1999 Barenboim, musicista israeliano di origine argentina, ha fondato insieme a Edward Said, scrittore e intellettuale palestinese scomparso nel 2003, la West-Eastern Divan Orchestra. Un’orchestra unica al mondo, che riunisce giovani musicisti arabi e israeliani nella speranza di instaurare un dialogo che porti alla pace, se non tra i governi, almeno tra le persone.

Come spiegava inequivocabilmente Edward Said: “separare le persone non è affatto una soluzione. E certamente l’ignoranza dell’altro non aiuta. Invece può aiutare la cooperazione necessaria per vivere, condividere ed eseguire la musica insieme”.

Secondo gli scettici è una speranza ingenua, ma come disse Barenboim qualche anno fa, “non possiamo permetterci il lusso del pessimismo”.

Anche in un momento così terribile.

Che la musica, il dialogo, l’amicizia (come quella tra Edward Said e Daniel Barenboim) possano contribuire ad abbattere le barriere e sconfiggere finalmente odio e ignoranza.


A cura della farfalla della gentilezza


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