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Quella volta che...

Quella volta che...

Quella volta che qualcuno mi ha chiamato isterica, perché ho provato a difendere con vigore le mie idee.

Quella volta che in un contesto di lavoro tutti gli uomini che stavano lì erano “bravi e competenti”, io ero lì perché “carina”. E no, in certi contesti non è un complimento.

Quella volta che un perfetto sconosciuto mi avvicina per strada per dirmi “Sai, mio padre conosce un buon chirurgo plastico”. Avrò avuto 15 anni, abbastanza per non sentirsi più “carina” per una vita.

Quella volta che un presidente di una fondazione, dopo una riunione di lavoro stringe le mani a tutti i presenti maschi. A me chiede “un bacino”.

Quella volta che al lavoro comunicai che ero incinta di una gravidanza desideratissima, e la risposta fu: “Mannaggia, e ora o come facciamo?”.

Quella volta che un signore di una certa età, sconosciuto, poteva essere mio nonno, mi indica a un suo coetaneo: “e questa te la faresti?”.

Quelle volte che io ero “dottoressa” e qualunque dottorando, purché maschio, era “professore”.

Quelle volte che tutti ridevano per battute sessiste e volgari e io no. Perché ero “pesante e noiosa”.

Quelle volte che “e fattela una risata”, dopo una battutaccia volgare.

Quelle volte che per strada di sera senti dei passi dietro di te e non ti senti sicura.

Quella volta che hai ricevuto dei graditissimi complimenti per un tuo lavoro, da qualcuno di competente e per bene, e qualcun altro dietro ha commentato, “vabbè, certo, quello ci voleva provare”.

Potrei continuare all’infinito, con queste piccole storie di mortificazione e umiliazione comuni a tutte noi. E tutto questo succede qui, nella civilissima Italia.

In altri paesi essere donna è un rischio quotidiano, un pericolo. Una condanna.

Oggi forse riceveremo mimose,

Io preferirei rispetto.

Ma tutti i giorni.


A cura della Farfalla della Gentilezza

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