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Tutti vogliono essere allievi di un maestro

La scuola, quel "piccolo mondo antico".

Ieri mi è capitato di pensarci, riflettendo su quante opportunità ci siano fuori dalla scuola, a Milano, oggi.

Ma davvero, quando ci andavo, per me la scuola era tutto il mondo. Quando chiudeva non ero felice (salvo magari il piacere, a volte, di saltare qualche versione). Ma la scuola non era il compito in classe. Pensate poi a quel distinguo tra compiti a casa e compiti in classe.

Il compito della scuola? Il compito della scuola fuori dalla scuola?

La scuola come casa del dialogo, era la mia idea. In un mondo forse immaginario,in cui ovviamente ero con Guido Calogero, don Milani. O forse era il mondo valoriale di riferimento. Ma oggi mi chiedevo: "Nel presente, la scuola sarebbe ancora capace di "risucchiarmi" così tanto?". Non avevo altro che la scuola, a volte penso. Ma davvero mi poteva bastare quel "piccolo mondo", "piccolo mondo antico" lo definivo, giurassico nei temi?

Per alcuni anni ho avuto anche un docente che ci spronava a parlarne e a provare a cambiarla, la scuola. Allora volevo cambiare pure il mondo, quel mondo vecchio.

Oggi, che continuo a lavorare con tantissime scuole e avverto di essere un punto di riferimento per molti docenti, mi vengono in mente mi viene in mente un testo sul valore educativo della scuola curato da Fernando Dubla. Si ricorda tra l'altro che "Quintiliano esalta il valore educativo della scuola come comunità: l'insegnamento individuale è soltanto istruzione vi si appagano i mediocri che non sono capaci di assurgere alla funzione del maestro. L'insegnamento collettivo è invece vera educazione, vera formazione".

Oggi pensavo a internet che non è quel mezzo che ci isola. Per quello bastavano la televisione o persino il libro o la musica.

Ma il libro si può leggere insieme sulla rete, che ci permette pure di ascoltare la musica in concerto o di vedere la televisione, che una volta si vedeva nei bar e questo ancora accade per le partite di calcio. Internet addirittura consente di suonare musica insieme. Quindi,contemporaneamente, può farti sentire che basti a te stesso o che hai bisogno dei mezzi per raggiungere gli altri. Una volta avrei detto, che a scuola si deve leggere insieme, a scuola si deve suonare insieme. La scuola è dove si sogna insieme per tanti anni con le stesse persone, si cresce insieme.

Quindi la scuola è la durata, la continuità, la permanenza. Non si va più a messa, allo stadio, in ufficio. "Vado a scuola". Un tempo si rifletteva , ad esempio nel mio primo libro, nel 2006, sul fatto che il lavoro non coincideva più con il "moto a luogo", "vado a lavoro". A un certo punto della pandemia è stato evidente a tutti. E anche la scuola non è più il moto a luogo, eppure il fascino maggiore è in quel rito. Scomodo per gli orari. Detox per i cellulari. Noi non ce li avevamo e sicuramente non avevamo profili social da guardare, a rappresentare un altro "appello". Ma mi chiedo come vivremmo la scuola noi oggi? Per me era il mondo. Oggi vuol dire mettersi in pausa da esso?

Quando la scuola è l'alternativa ai debiti e crediti che ogni quartiere lascia, resta sempre tutto il mondo di un bambino.

Ma adesso la vera σχολείο qual è?

«dal gr. skholḗ ‘tempo libero’, dedicato allo svago della mente, cioè lo ‘studio’ e in seguito ‘luogo ove si attende allo studio'».

Se oggi la scuola non fosse capace di essere il mondo di uno studente sarebbe un bene? Che altri interessi e luoghi e chance?

La scuola dei nostri tempi era come il negozio di alimentari? Non avevamo icentri commerciali, ma tutto quello che occorreva per quel piccolo mondo antico,si poteva trovare lì.

Io ho paura che a più scuola corrisponda meno maestri.

Un tema diffuso, percepito. Ma dovremo anche risolverlo.

Meno scuola e più "maestri".

A me sembra che viviamo gli anni degli allievi. Orfani di ruolo.

Tutti ambiscono a vivere da "allievi di".

Nessuno si preoccupa di essere" maestro di".

Eppure il passaggio generazionale si fa così.

Non ce ne facciamo niente di chi vanta di essere stato l'ultimo allievo di un grande maestro, vorremmo sapere come mai non è stato capace di credere nel capitale umano, che vuol dire anche vedere in qualcun altro che non sia se stesso, uno sguardo meritevole di attenzioni, di un'amicizia culturale per il bene comune.

Tu, che hai avuto la fortuna di avere uno degli ultimi maestri, sei responsabile, di non aver maturato in te e nella società che abiti, quell'humus?

Tu, puoi essere maestro di qualcuno che sia meglio di te e che un giorno parli con la stessa luce negli occhi del proprio maestro?

Una società con più bisnonni che nipoti, con più eterni allievi di grandi maestri del passato, che grandi allievi del futuro, non va da nessuna parte.


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