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Essere gentili fa bene al cuore

Questa è una delle storie gentili raccolte nel nostro Annuario delle storie gentili italiane 2024 che è possibile scaricare gratuitamente cliccando il seguente link: https://www.canva.com/design/DAGVgRsVcZo/Mht8qK3GFYWZz9f84l3Hzg/edit?utm_content=DAGVgRsVcZo&utm_campaign=designshare&utm_medium=link2&utm_source=sharebutton


Ci sono giorni in cui, rovistando tra i cassetti della memoria, rispuntano oggetti o parole che ci riportano indietro nel tempo, come se il passato volesse fare capolino nel presente per ricordarci chi siamo. 

Così è successo a me quando, tra le vecchie carte di scuola, ho ritrovato il giudizio delle mie maestre di quinta elementare. Lì, in caratteri sottili ma indelebili, c'era scritto: "Annamaria, bambina sensibile, collaboratrice attenta ai bisogni dei compagni, bambina dal cuore gentile”.

Quelle parole mi hanno trasportato immediatamente a quel periodo. Ripercorro il tempo e mi sovvengono alla mente tutte quelle azioni volte all’aiuto dell’altro, dei miei anni dedicati al volontariato. Erano gli anni ’80 ed io ero alla soglia della maturità.


Fu allora che Padre Baionetta, il parroco della mia chiesa, mi propose una missione che non avrei mai potuto rifiutare: occuparmi di un gruppo di bambini in difficoltà, che vivevano in uno dei quartieri più poveri e dimenticati di Vittoria, in Sicilia.

Non ci pensai nemmeno un istante. Avevo diciotto anni e il cuore pieno di entusiasmo. Iniziai a visitare quei bambini ogni giorno, entrando nelle loro case con il desiderio di portare loro un po' di leggerezza. Studiavamo insieme, ma soprattutto ridevamo. Per qualche ora, riuscivano a dimenticare la povertà che li circondava. La loro gioia era la mia ricompensa.


Il tempo volava, e presto si avvicinò Natale, la festa che i bambini aspettano con gli occhi brillanti e il cuore pieno di speranza. Decisi di organizzare una raccolta fondi nel mio liceo, coinvolgendo compagni e professori. La risposta fu sorprendente: ogni gesto di generosità sembrava voler illuminare quel quartiere dimenticato. Con i soldi raccolti, io e alcuni amici comprammo doni per quei piccoli.


Arrivò la Vigilia di Natale. Mia madre mi prestò l'auto, e con due compagni di classe riempimmo il portabagagli di pacchetti colorati. Quando arrivammo nel quartiere, i bambini ci aspettavano, impazienti e curiosi. Ma quello che accadde quando ci videro con i regali superò ogni mia immaginazione: i loro occhi luccicarono come stelle in una notte serena, e ci corsero incontro, saltandoci addosso con entusiasmo incontenibile.

Quella sera, mentre distribuivamo i doni, compresi una verità che da allora non mi ha mai abbandonato: il dono più grande non è mai quello che diamo, ma quello che riceviamo. Il loro affetto, la loro gioia, quel calore inaspettato che mi riempiva il cuore, erano il più bel regalo che potessi ricevere. Non c'è Natale più bello di uno in cui impari che l'amore, quando viene donato senza aspettative, è capace di colmare ogni vuoto, anche il più profondo.


Da allora ho continuato a credere fermamente che essere gentili faccia bene al cuore. Non solo al cuore di chi riceve, ma anche, e forse soprattutto, al cuore di chi dona.



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