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Il bene comune non sa essere part time

Aggiornamento: 31 lug 2021

Di Benedetta Cosmi


Abbiamo bisogno di staccare. Una volta mi disse il direttore del Corriere della sera, Luciano Fontana: "vado a Praga due giorni a Ferragosto" sottintendendo giusto i due giorni in cui non succede mai niente, col giornale chiuso, convinto dalla figlia a staccare due giorni.

Ovviamente da quel momento sembra che di tutto possa accadare a Ferragosto. Tra Ponti che "scomodarono" l'ex Grande Fratello e i governi in caduta libera (si ricordi quello giallo verde), insomma "non prendete impegni", come già sapeva il caporedattore, Lella Confalonieri, nella redazione milanese del TG5 che mi redarguì quando seppe che avevo un volo per la Sardegna e sarei mancata a Ferragosto. Ovviamente dopo cinque minuti feci modificare i biglietti con una sostenibile penale. Penso che non accadde nulla. Forse feci la notte. Ho un vago ricordo. Penso solo a una bellissima Milano, vivibilissima e conviviale dove i pochi rimasti si sentivano comunità e veri amici. Le colonne di San Lorenzo avevano tantissimi giochi di società in piazza e le persone cercavano di indovinare il personaggio che gli avevano scritto sulla fronte, seduti in grossi tavoloni a ridere e scherzare,non sentivamo neanche le zanzare. Non scattavamo foto e non avevamo neanche tanto internet sul cellulare. Mandavamo tanti sms ma quella sera secondo me non volevo stare da nessuna altra parte. Erano anni in cui più che di staccare si aveva voglia di attaccare bottone e così facilmente un numero in rubrica tra noi che su facebook avevamo scritto che restavamo in città. Erano i post scritti in terza persona di una volta, con la tastiera in ufficio. È successo solo quell'anno. Quel 2009 che per me è stato sicuramente l'anno di passaggio: si chiudeva il prima e si apriva il dopo. Un anno unico. Nessun anno sarebbe più stato così. Per voi il 2009 cosa è stato? E perché parlarne adesso? Del resto tutti parlano del 2019. E a questo punto ho una certa curiosità sul 2029. Io avrò 46 anni. Ancora non potrò diventare, come la mia protagonista Sonia, Presidente della Repubblica. Ci sarà il settennato Draghi? Cosa avremo fatto di tutta quella Resilienza del Piano? Il bene comune più importante al quale ci saremo dedicati quale sarà? È troppo vicino per pensare a sfide avveniristiche. Per cui ancora i docenti e i dirigenti scolastici saranno selezionati con concorsi ammazza entusiasmo. E chi aveva di meglio da fare se ne era andato altrove. E già lo fanno gli uomini tanto che il mondo della formazione del capitale umano è in mano alle donne e lì dove si poteva dimostrare le qualità di genere si registra uno dei più gravi danni. Perché dobbiamo dircelo, io l'ho detto in sala al Senato in una recente circostanza, non abbiamo fatto per niente bella figura. In un settore a predominante presenza femminile abbiamo fallito. Questa è una società senza maestri. In tutti i sensi. È una società nella quale non puoi pianificare una carriera. Tutto muore e nasce con una velocità nella quale vince chi vive adesso. Anche a danno degli altri. Ricorderete il padiglione della Svizzera all'Esposizione Universale del 2015 a Milano. Credo fossero mele. Sparirono molto prima di quando avevano programmato dovessero finire se tutti avessero rispettato il senso del limite, con scelte sostenibili invece che pensare ad approvvigionarsi per sé tanto che già alla seconda visita all'expo erano finite. La gestione delle risorse. Il rispetto dell'ambiente. Il bene comune. L'egoismo. C'è una bella canzone di Claudio Baglioni. Ieri mi è capitato di riascoltarla passando davanti a un locale, si intitola: "La vita è adesso". E ogni volta che l'ascolto mi ricordo che in effetti la vita è adesso. Certo è che se oggi "non vivi" hai sempre la speranza di poter vivere domani. Ma se vivi troppo oggi, poi non ne restasse più per vivere domani? Sono gli approcci alla vita. La prudenza, l'azione, la ragione che guida i nostri gesti, il senso.

Del resto il senso è anche il tatto. Il senso più frustrato al museo, almeno tradizionale. "Non toccare". Poi siamo entrati in uno moderno. E non avevamo capito di dover toccare una installazione. Quindi la vita è quella che puoi toccare con mano? La vita è quella di quando ti rimbocchi le maniche per cambiarla? La vita è quella a cui un atto come un suicidio pone fine e ci fa sentire soli, rimasti qui con le domande e senza risposte. La vita è quella di chi aiuta quella degli altri? La vita è quella su cui vorremmo il totale controllo o la vita è quella di quando lo abbiamo perso. La vita è adesso anche se ci sembrava più vita prima, la vita è nelle mani di chi amiamo anche quando fa la sua vita. Nella vita abbiamo bisogno di staccare? Forse la vita degna di essere vissuta è quella che non ha mai modo e voglia di staccarsi dal perseguimento del bene comune. Le comunità, i centri di ricerca, i punti di presidio, le fabbriche che non chiudono mai e senza le quali non sarebbe garantito il bene comune.

Quei ruoli che incarniamo dentro di noi, e non possiamo staccare. La deontologia professionale di un giornalista, il rigore di un uomo di Stato, l'integrità di un uomo di fede, la missione di un genitore o di un educatore, il senso civico di ognuno da cui forse non si può staccare. Abbiamo bisogno di staccare perché qualcosa non funzionava già prima. Abbiamo il bisogno di staccare la spina dai discorsi politici, dai programmi televisivi, dalla scuola nonostante ce ne fosse stata troppo poca. C'è da riflettere. Ho appena citato alcuni degli ambiti più importanti del bene comune.

Però è innegabile. Gran desiderio di staccare.

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