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Rivoluzioni gentili


La parola chiave è flessibilità. In un mio libro del 2012 ne parlavo a proposito di liberalizzazioni, orari, organizzazione del lavoro, purtroppo da questo punto di vista da noi si pensava che tutti dovessero fare stessi orari, stessi giorni, stesse vacanze, tutti sempre in coda.

Il sindacato come facilitatore anzichè ostacolo, questa è stata la mia piccola o grande rivoluzione gentile, iniziata sul finire del 2008, e credevo, portata a compimento sul finire del 2019. In undici anni in cui diventava grande l'ultima generazione del secolo scorso. Che subiva i ritardi e anticipava le domande. Che viveva il disintegrarsi dei corpi sociali e quando vi è stato possibile abbiamo detto che servivano.

Quando non ci si occupa del Capitale umano, l'ascensore sociale diventa il "caso".

Mi fa piacere il passaggio e la correlazione che da più parti finalmente emerge

La conseguenza è sulla vita pubblica. Non si tratta semplicemente di avere un capitale umano più povero.


C'è anche il tema generazionale e civico, ma su questo credo ci sia stato un precedente nel 2008/2009 e quindi i ragazzi di oggi spesso non se la sentono di replicare quell'inutile sacrificio: hanno visto quanto andare via frutti di più persino per rientrare in Patria con migliore reputazione. E questo per me è un errore. Da neolaureata avevo avuto l'invito al Mit (con una proposta dal giornale del Mit) mi apparse una occasione facile, comoda come succede sì ai migliori, pensai, ma accettare sarebbe del tutto una vigliaccheria, anche io vado (cambio paese) anzichè cambiare il mio, pensai, mentre chiesi: "Direttore, quanti mesi?". "Tutto il tempo che vuoi". Rimasi.

In entrambi i casi, il verbo sarebbe stato lo stesso. Lo temevo. E anche io avevo avuto troppi inviti ad andare via, scelsi i pochi, in confronto, inviti sapienti a restare. E magari, a cambiare. Ma era anche un modo per ricambiare la fiducia di quei direttori e segretari generali, amministratori delegati, che a me, e poi ai miei libri, si appoggiarono con speranza. Perchè forse non si potevano lasciare da soli a combattere la battaglia, per tutti, per la modernità del paese, per la creazione di un sistena aperto, di un ambiente dove crescere, dove far crescere gli altri: le aziende, i nostri bambini, i nostri desideri che poi sono idee imprenditoriali, sono consumi, sono l'alternativa all'immobilismo. La parola chiave del bene comune, di questa settimana è "esserci", quando e dove si prendono le decisioni, possono essere le elezioni, come oggi, possono essere i luoghi di lavoro, possono essere i momenti di educazione come genitori.

Tutti i miei libri precedenti, mi è stato fatto notare in questi giorni, altro non erano che i punti de Il bene comune, e penso a quelli sulla scuola, ma soprattutto a quello sulle liberalizzazioni, altro tassello del processo di innovazione di orari, spazi, rapporti.

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